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- Mammaaaa!!! Quandandiamo viaa????

- SSshhh! Non sei mica al parco, cosa credi? Dai, guarda un po’ lì. Uuuh!! Che signore stranooo …

- E’ brutto.

 

 “E’ brutto”? Ma che tipino.

E tu non te la devi prendere mica .. E’ perché non ha ancora visto le tue spalle. Se notasse quanto sono gracili, farebbero tenerezza anche a lui. Se vi dedicasse appena un momento, si accorgerebbe che sono spalle piccole, ma forti al contempo .. quante giornate hai trascorso, da solo, in campi da dissodare? Quante, vecchio spauracchio senza nome? Secondo me, il tipino ha visto i tuoi capelli. Non che sia colpa tua .. Non poteva certo venirti in mente di prendertene cura, in quel tuo mondo sperimentato senza specchi, vissuto soltanto a raccogliere rape. Io lo capisco benissimo. Certo, adesso lui ti prende per un folle .. ma d’altra parte, riflettici: cosa te ne importa? Il tipino è già andato via, e forse non tornerà neppure.

 

- Da questa parte! Mi scusi signora .. la disturbiamo solo un momento. Si, ecco, avvicinatevi .. bene così. Dunque! Qui abbiamo “In love”,  la meravigliosa opera di Marcus Stone realizzata nel 1888! Mi sentite tutti? Un olio su tela di circa centodieci per centosessantacinque centimetri. Centoundici punto otto per centosessantasette punto sette, per l’esattezza.

 

Dunque, questa tizia ha scelto di invadere il mio campo visivo senza ricorrere prima a consultazioni. Ha infranto il mio stato di pace. Per centoundici punto otto centimetri. Bene.

 

- Potete ammirare la maestria nella realizzazione del paesaggio, che Stone decide di comporre ricorrendo a molteplici elementi disposti su più piani: un melo, un tavolo verde di legno montato attorno al tronco del melo, una splendida statua da giardino sullo sfondo. Ci siamo tutti? Domande? Nessuna? Bene! Passerei allora all’ultima sala! Seguitemi, da questa parte signori!

 

Ma come? Ma dove vanno? Non possono tornarsene a casa così, non hanno visto niente! Non hanno visto lei, così brava a starsene sulle sue, eppure vestita di un’organza che già parla di promesse. E non hanno visto te, santo cielo, te che resti immobile, nascosto nella penombra, perso tra dita intente al ricamo. Sai, appena sopra il tuo cappello sono foglie di melo impossibili a contarsi. Se solo girassi appena lo sguardo, poi, vedresti il giardino illuminato da un sole splendido. Sei stato fortunato, con il tempo .. lo sai che non capita spesso, qui dalle nostre parti. Eppure a te, adesso, del sole, pare non importi un benemerito. Che poi, come darti torto .. le hai regalato dei fiori, ora le sono accanto, sulla panca. E tace. Continua l’opera da ricamatrice, lei, ma con l’accenno di un sorriso. Lo hai visto? Secondo me una speranza d’incontro c’è. Vorresti dirle qualcosa, e non lo fai. Si vede benissimo. Avanti ragazzino, siamo nell’Ottocento mica nel 1974. Cosa aspetti? Lei continuerà a ricamare fino alla morte altrimenti. Direi che potresti anche muovere il tuo sederino gentile, invitarla cordialmente a riporre il suo lavoro sul tavolo verde .. potresti offrirle il braccio per attraversare il giardino .. dammi retta. Fallo ebbasta. Coraggio. Avanti ragazzino!

 

 

 

 

 

 

 

 

- Madame .. devo chiederle di lasciare la sala .. il museo sta chiudendo ..

 

Madame Katy Spacey si era persa di nuovo, questa volta tra panchine di legno e fili d’erba. Ed erano arrivate le sei. Persa a fare il tifo per un diciottenne di cui neppure conosceva il nome, tornò a fatica sul parquet del suo secondo piano preferito.

 

- … Ooohh! Mi scusi sa! Non mi ero accorta mica!

 

Madame Spacey guardò il custode per un momento. Doveva essere lì da un pezzo, a sorvegliare la condotta dei visitatori. Magari anche lui, non visto, era rimasto fino a quel momento assorto nella contemplazione del biondo caschetto di Madame Spacey. Forse, il suo pacato richiamo non rispondeva soltanto ad un compito d’ufficio. Chissà che non fosse, ad esempio, un elegante tentativo di abbordaggio. Poteva essere benissimo. Madame Spacey vi rifletté per un momento, ancora accomodata sulla sua sediola pieghevole. Immaginò di avere tra le mani un ricamo da completare. Pensò al fatto che lei viveva nel 2015. Questa era una verità inequivocabile. Era dunque autorizzata a non attendere indicazioni da altri, a ripiegare il ricamo di sua iniziativa e, magari, ad offrire lei stessa il braccio ad un custode troppo timido. Avrebbero potuto affrontare insieme il percorso in direzione dell’uscita, a passi lenti e sincronizzati.

 

Madame Spacey si alzò, ripiegò la sua sediola con eleganza, sorrise a quell’uomo gentile, e poi non gli offrì il braccio. Non ce la fece. Ancora confusa, intraprese da sola le scale, e decise che l’indomani sarebbe tornata a trovare quel ragazzino, abbandonato ai piedi di un melo. E questo pensiero la confortò.

In love

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