top of page

fatto di gomma da masticare. Al trillo della campanella, mentre la maestra disponeva la classe in fila per due, Giovanni scartava la sua big bubble blu segreta e lesto la metteva in bocca. Tra uno scalino e l’altro iniziava a gonfiarla. All’aperto, nel bel mezzo del cortile, ci poteva ormai comodamente vivere dentro. Ma era proprio a quel punto che la sua piccola bolla subiva l’attacco. Una voce acuta, fulminea, inclemente forava il mondo in blu di Giovanni. E lui, unico sovrano e abitante della segreta sfera, era costretto a capitolare. Sempre, ogni mattina.

 

- Giovanni! Coraggio! Chiedi agli altri di farti giocare!

A Giovanni, di giocare, non andava proprio. A lui il calcio non piaceva. E poi i compagni non lo avrebbero voluto, avrebbero fatto storie. Costretti dalla maestra, lo avrebbero infine arruolato come portiere, e lui non sarebbe riuscito a parare neppure un tiro.

 

- Ma è possibile mai?!? Giovanni dico a te!! Ehilà voi!! Prontoo?!? Dico a voi!! Fate giocare anche Giovanni! O tutti o nessuno, lo sapete!

E così Giovanni avvolgeva la pizza bianca nella carta, la metteva nella tasca del grembiule e sotto lo sguardo rasserenato della maestra, si dirigeva al patibolo.

 

***

 

Le scuole medie. Un periodo complicato. Tra gli alunni della II C di Via Camillo Pellegrino, un ragazzino in camicia bianca e dai capelli ben pettinati trascorreva il suo tempo con la schiena sempre appoggiata all’ultimo schienale della fila centrale.

Composto e garbato, Giovanni aveva la fortuna di crescere in una famiglia capace di offrire il giusto supporto; di questo la professoressa di Italiano era certa. Lei, la mamma di Giovanni, la conosceva ormai bene. Ai colloqui era sempre stata presente.

- Signora, non si può dir nulla di Giovanni. E’ attento in classe, non tratta mai male i compagni, fa i compiti che gli vengono assegnati

- Professoressa noi lo facciamo studiare sempre e ricontrolliamo insieme i compiti la sera. Anche la domenica, dopo la messa, un ultimo ripasso glielo facciamo fare. Credo sia molto importante seguire i nostri figli in questo periodo così delicato della loro crescita.

- Sono assolutamente d’accordo con lei. ... Ma ...

- Ma? Ma c’è qualche problema forse?

- No! ... beh, ecco non so ... E’ che … vede, se ad esempio Balducci lo prende in giro per via della camicia, lui non risponde.

- Ma mi scusi, ci mancherebbe pure! Il padre glielo dice sempre: “Mamma e papà sono orgogliosi di te perché stai diventando un bravo ometto”. Bisogna incoraggiare i nostri figli a responsabilizzarsi. Non vorrà mica che Giovanni diventi come uno di quegli sprovveduti di terza che hanno sputato al professore di religione ... Povero professor Zanetti, volevano fare uno scherzo, loro. Ma dico, dove saranno le loro madri …

- Per carità signora, non fraintenda … Però, vede … se Fuscati, per dire, gli appiccica le gomme da masticare sullo zaino, Giovanni le controlla da vicino, poi le stacca e senza guardare nulla e nessuno le butta nel cestino.

- Gomme? O Gggesù ... pure lo zaino nuovo adesso! E le gomme da masticare portano pure i batteri. Gliele ha fatte lavare le mani poi? Gli metta il colluttorio, funziona bene contro i microbi, noi lo usiamo sempre

- Signora. Le mani le lava. Va sempre in bagno dopo. Ma senta, se Calgani gli da’ uno schiaffo lui lo guarda e si allontana muto! Signora, il punto è che Giovanni è un bravo ragazzo, eppure è come spento.

 

Giovanni era un bravo ragazzo. Ma a casa non si poteva parlare a voce alta perché il papà doveva studiare le pratiche, perché la mamma non poteva alterarsi per via di quello strano respiro rotto che le veniva sempre quando si agitava. Giovanni era un bravo ragazzo davvero, ma non stava bene uscire di casa spettinati o con il collo della camicia aperto.

 

***

 

A sedici anni, Giovanni aveva già raggiunto una media altezza, non esaltante dunque, ma rispettabile. Indossava un’uniforme. Sempre la stessa da quando aveva memoria: lisci capelli scuri con riga a destra, camicia bianca e jeans d’inverno, camicia bianca e jeans d’estate. Era uno studente taciturno e bravo in greco, molto ben considerato dal gruppo delle Figlie della Carità presentatole da zia Rosanna. Il mondo di Giovanni era un banco verde chiaro, una casa silenziosa, una piazza di paese frequentata da pensionati e volontarie.

Ma poi, all'improvviso, a Giovanni qualcosa accadde.

Arrivò la rivoluzione.

Venne a salvarlo mentre era ancora in pigiama, una mattina presto.

Giovanni aveva aperto gli occhi, la luce delle sette già illuminava la scrivania. Aveva intravisto la sua stanza. Una carta geografica appesa alla parete da un padre diverso, con sorriso e capelli neri. La foto di un piccolo Giovanni raccolto con le mani in finta preghiera, nel giorno della prima comunione. I volumi dell’Enciclopedia Treccani, ricevuti in regalo dopo l’esame di terza media. La sua camera era sempre stata pulitissima, ma quella mattina Giovanni vide solo polvere vischiosa e aria stantia. Restò immobile, stretto tra le mura di una stanza che s'era stravolta nel silenzio di una notte. Restò fermo per un po', ad esplorare con gli occhi quel nuovo angolo minuscolo, asfissiante, tombale.

 

- Mamma vado da Bruno a tagliarmi i capelli

- Da Bruno?! .. Ma se ci vai sempre con papà il sabato .. Ci sei andato l’altro ieri, oggi è solo lunedì ..

- Ma domani ho l’interrogazione di storia

- Fatti fare da Bruno la riga a destra, con papà si è distratto e gliel’ha fatta a sinistra

- Sì, ciaoo

 

Giovanni non era andato da Bruno. Aveva invece proseguito per altri quattrocento metri e si era seduto su uno degli sgabelli girevoli di “Biondo Super”.

 

La mamma era in cucina, lavava i piatti. Non lo aveva sentito rientrare, era troppo presa da una teglia da scrostare.

Giovanni l’aspettava, con la schiena appoggiata al frigo.

- Vado a ripassare storia allora

- Certo, vai che tra dieci minuti mangiamo.

- .. Ma ti piacciono?

La mamma si era voltata distratta. Di fronte a lei era suo figlio, con i capelli blu, tutti. Rasati ai lati e a forma di cresta di gallo in mezzo.

L’aria era venuta meno, lei era caracollata addosso al lavello, Giovanni e i suoi capelli blu erano corsi a prendere la pompetta dell’ossigeno.

 

***

 

A Via Praz, in una città molto lontana da "Biondo Super", un uomo dall’aria esuberante forgia bellezze. Trascorre il tempo tra sedili girevoli e riflessi di specchio, facendo la spola tra l’area lavaggio e l’asciugatore. In mano ha forbici e diffusori, in tasca forcine e spazzole. Giovanni osserva e ascolta le sue donne, le orienta verso la scelta del colore più adeguato, taglia chiome inseguendo il ritmo di un sottofondo glamour, mentre Marilyn Monroe e Rita Hayworth lo osservano affacciate alla parete.

 

- Giovanni, come me li faccio? Non so, forse cambio .. forse il mogano mi incupisce. Che dici, me li faccio biondi?

- Stefyyy!! Ma dove vai in giro col biondo tuu!! .. Guardati. Guardati! Guarda che pelle che hai! Ce l’hai scura manco vivessi in Arabia, mannaggia a te ce l’avessi io. Il mogano ti valorizza, ti fa donna. Il biondo t’ammazza amore mio. Svegliati tesoro, hai la bellezza tu … mica ce l’hanno tutte sta fortuna. E usala no?!

- M’hai convinta Giovi. Mogano.

 

A Via Pantani, le signore ci arrivano da lontano su consiglio delle amiche.

- Giovanni sa il fatto suo, guarda che vale il viaggio!

Le amiche dicono così.

I due lampadari barocchi in plexiglass appesi al soffitto, le piume rosse di struzzo tra i profumi e i cataloghi, la musica vagamente equivoca possono forse confondere, la prima volta. Ma poi Giovanni arriva, fa accomodare la nuova cliente interdetta. Ne osserva con occhi attenti l’immagine, riflessa in uno specchio dalla cornice dorata.

 

- Mi raccomando mantenga la frangetta, grazie

- Oooo Ggesuù! Amore mio ma non ti vedi come stai?! Tutta ingufita! Perché vuoi continuare a sembrare na vecchia? Da quanto dura scusa?!? Guarda! Guarda che belle sopracciglia che hai!!

- … Eh? … Ma non so … Adesso poi la frangetta va tanto ...

- La frangetta va tanto ma sta bene a poche. A te no amore.

- Ah. ... Oddio veramente??

- Non fare quella faccia perché è la verità. Adesso mi devi dire perché vuoi nascondere questi occhi qua. E la fronte poi ..! Da chi devi scappare scusa?

- Ma in verità .. boh .. poi questo è un altro discorso … non so … non ci capisco molto forse …

- Infatti. Non ci capisci proprio, si vede benissimo. Mo ci penso io.

 

Giovanni allora avvia l’opera. Come un Michelangelo munito di scalpello, lui inizia la corsa verso il suo ideale a colpi di forbice e prese di forcina. La cliente osserva con speranza crescente il riflesso di quell’ometto che, evidentemente, sa riconoscere la bellezza là dove nessuno riesce. Attende l’esito mentre l’asciugacapelli le riscalda la nuca. Alla fine, il sorriso soddisfatto di Giovanni la rassicura, e lei esce dal negozio piena di sincera gratitudine.

 

Giovanni sfoggia la sua uniforme, giro di baffi e maglietta da pirata, con una spontaneità che lascia le clienti ammirate e un po’ sovrappensiero. La sua voce squilla, riempie il negozio sempre forte e spavalda. Di Giovanni è lo spazio tra sgabelli, piume rosse e lavandini. Lui ci si aggira sempre svelto e a schiena dritta, battendo il tempo con le sue scarpe da punk inglese e formulando giudizi da intenditore sempre privi di mezzi termini.

 

- Allora? Avevo ragione o no?

- Sì, forse senza frangetta sto meglio …

- Sia lodato Ggesù Cristo bella mia.

- Certo però, lei da piccolo doveva essere un tipino …

- Io da piccolo ero un demonio che manco te lo immagini.

 
- Giovanni, perché stai attaccato al muretto? Vai a giocare con gli altri bambini forza!
La maestra non lo lasciava mai in pace, neppure alla ricreazione. Al trillo della campanella tutti agguantavano le merende, a fatica venivano disposti in fila per due, scendevano le scale fino al cortile spintonandosi di nascosto. Superato il portone d’ingresso, la fila si disgregava in un istante. Giorgia e Michela gridavano a raccolta le amiche, avrebbero insegnato loro i passi dell’ennesimo balletto inventato insieme il pomeriggio prima. Mattia e Luca si autonominavano capisquadra, per ritrovarsi subito alla guida di esuberanti calciatori in erba. Le bambine ballavano, cantavano e battevano il tempo. I bambini correvano dietro a pallottole di carta, in un campo da gioco tracciato da felpe e grembiuli. Giovanni restava immobile, in piedi, zitto zitto, con la schiena appoggiata al muretto, con la pizza bianca in mano, con il grembiule già tutto infarinato.
 
- Giovanni che ci fai lì? Prontoo?!? Ce l’ho con te! Giovanni!! Vai a giocare con gli altri bambini!
Una frase che arrivava puntuale ogni mattina, nel mezzo di un cortile urlante. Uno spillo che forava prontamente il pallone di Giovanni. Giovanni lo immaginava blu, il suo pallone. Lo immaginava grande e tutto
Blu, grazie
bottom of page